Una generazione spesso definita fragile, iperconnessa e distratta, in realtà inizia a prendersi cura di sé senza che nessuno glielo chieda. Secondo il Guardian, milioni di ragazzi tra i 12 e i 15 anni hanno iniziato a ridurre l’uso dei dispositivi digitali per proteggere il proprio benessere mentale. Non è disobbedienza. Non è rinuncia. È consapevolezza.

Non glielo ha imposto la scuola.

Non glielo ha chiesto la famiglia.

Non è una moda e nemmeno una campagna virale.

È una decisione silenziosa, quotidiana, personale.

Una generazione che ci sorprende ancora una volta: mentre noi discutiamo di come controllarli, loro cominciano a controllarsi da soli.

Con un gesto che non urla, ma dice molto: “Mi faccio da parte, perché ho bisogno di respirare.”

Ci affanniamo a creare regolamenti, filtri, limiti d’orario.


Vengono accusati  di essere troppo dipendenti dallo schermo.


Vengono etichettati  come distratti, iperconnessi, incapaci di stare nel mondo reale.

Poi scopriamo che il 40% dei ragazzi tra i 12 e i 15 anni ha deciso spontaneamente di limitare l’uso del telefono, per prendersi cura della propria salute mentale.


Nessuna punizione. Nessuna predica


Solo un istinto lucido e profondo di autodifesa.

Lo dice uno studio GWI pubblicato dal Guardian.

“Taking a break has become an act of rebellion.”
Daisy Greenwell, Smartphone Free Childhood


“Children are experimenting with different ways of protecting their wellbeing.”
Sonia Livingstone, LSE

📵 In un mondo che li vuole sempre online, ragazzi iniziano a costruire silenziosamente una nuova alfabetizzazione emotiva.
Fatta di pause. Di ascolto. Di scelte.
Cose che gli  adulti spesso pretendono , ma faticano  ad insegnare.

Eppure, eccoli lì.
A fare da soli.
A cercare spazio.
A chiedere, con i fatti, qualcuno che sappia accompagnarli.


Non dirigere. Non correggere. Accompagnare!

I numeri parlano chiaro e non lasciano spazi ad intepretazioni

 Un rapporto Ofcom del 2024 rivela che:

  • 1 ragazzo su 3 (33%) tra gli 8 e i 17 anni pensa di passare troppo tempo davanti agli schermi.
  • Il 47% dei ragazzi tra i 16 e i 24 anni disattiva le notifiche o attiva la modalità non disturbare – in aumento rispetto al 40% del 2023 e ben oltre il 28% degli adulti più anziani.
  • Il 34% si prende pause volontarie dai social, contro il 23% che non lo farebbe.
  • Il 29% elimina app perché ci passa troppo tempo, e il 24% lo fa per motivi di salute mentale.
  • Tra chi non lo fa? Solo il 19% e il 13%, rispettivamente.

 In altre parole: sono loro i primi ad accorgersi quando è troppo.
E spesso, agiscono.
In silenzio. Ma con estrema lucidità.

La domanda però è un’altra

Chi lavora con le nuove generazioni lo sa:
i ragazzi non hanno bisogno di altre regole, ma di adulti che offrano strumenti.

Quando i ragazzi decidono da soli di staccarsi dallo schermo, forse è il momento di smettere di raccontarli solo come vittime o problemi da risolvere.
Forse dovremmo iniziare a chiederci quale spazio educativo stiamo costruendo per accogliere, davvero, la loro consapevolezza.


Per nutrirla, non spegnerla.

Per dare parole a ciò che loro, istintivamente, stanno già scegliendo di fare: cercare equilibrio, senso, relazioni vere.

Non servono pacche sulle spalle.

Serve un nuovo vocabolario educativo, fatto di valori vissuti, relazioni sincere e strumenti concreti.
Serve un percorso che non imponga risposte, ma insegni a farsi domande.

Il resto, spesso, lo stanno già facendo loro.

Noi dobbiamo solo avere il coraggio di camminare accanto.

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